UMAMI: ALLA SCOPERTA DEL “QUINTO GUSTO”
Il successo della cucina giapponese è dovuto al gusto umami che caratterizza anche il sapore di molti prodotti della migliore tradizione italiana.
Quando percepiamo un sapore entriamo in contatto con sensazioni corrispondenti a vari gusti: dolce, amaro, acido, salato e… umami.
Il termine umami venne codificato da un giapponese nel 1908. Egli, cercando la definizione per descrivere il sapore intenso di alimenti come il brodo cotto lungamente, i funghi secchi, i prodotti fermentati a lungo come il miso o il tempeth, scoprì che la demolizione delle loro proteine, portava all’isolamento dell’acido glutammico che, legandosi ad altre sostanze, conferiva “sapore intenso caratteristico e diverso in ogni alimento”.
Ecco perché gli alimenti fermentati a lungo assumono, con il trascorrere del tempo, sapori caratteristici e sempre più intensi. Pensate al prosciutto crudo stagionato 24 mesi, al Parmigiano Reggiano stagionato 36/60 mesi, ai funghi secchi, all’aceto balsamico tradizionale.
La cucina giapponese senza le salse atte a cucinarla o che accompagnano le sue pietanze, sarebbe totalmente insapore ed è chiara l’analogia di queste salse fermentate, con il parmigiano (solo se stravecchio) che fa risaltare il gusto dei piatti senza coprine il sapore caratteristico.
Nel Primus Pane si sviluppa un particolare e caratteristico umami che potrai scoprire anche tu.
Prova a farlo “stagionare” qualche giorno in più, oppure acquistalo nella confezione con conservabilità 22 giorni (15 giorni nel sacchetto più 7 giorni una volta aperto) consumandolo vicino alla scadenza sempre previa tostatura (per esaltarne al massimo il sapore e far evaporare l’alcool).