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“Buono come il pane”.
“Dire pane al pane e vino al vino”
“Rendere pan per focaccia”
Sono soltanto pochi esempi di detti che tutti noi avremo incontrato almeno una volta nella vita, sufficienti a dimostrare quanto il pane sia radicato profondamente nel nostro immaginario simbolico e culturale. Si tratti del pane contadino che consumavano i nostri avi, dell’immancabile panino farcito consumato in gita scolastica da piccoli, o dei prodotti innovativi e salutari che sempre più numerosi si stanno affacciando sul mercato, questo alimento caratterizza la quotidianità di ciascuno di noi sin dall’infanzia.

Una preparazione semplice, ma che va oltre la lavorazione e cottura di un impasto di acqua, farina e lievito.  La ricchezza che porta con sé è ben altra, fatta di memorie, valori simbolici, tradizioni che sfamano lo spirito così come l’alimento nutre il corpo.

E tale ricchezza non caratterizza soltanto l’esperienza personale di ciascuno di noi, ma l’umanità intera: tecniche di panificazione sono attestate già dal Neolitico, e furono gli egizi ad introdurre la lievitazione. Pare siano stati alcuni prigionieri di guerra greci ad insegnare le tecniche di panificazione ai Romani, mentre i primi cristiani utilizzavano il pane consacrato come un talismano dalle virtù curative.  Nel suo viaggio fino a noi il pane ha dunque attraversato l’intera storia dell’umanità, mantenendo comunque quella centralità quasi sacra nella simbologia e nell’alimentazione delle culture che si affacciano sul mar Mediterraneo, plasmandone la comune identità e permettendo loro di identificarsi in quel codice alimentare che è la dieta mediterranea.

Il pane è semplicità e duro lavoro, umiltà e sacralità, condivisione e ricchezza allo stesso tempo. Per l’uomo ha sempre incarnato il dominio sulla natura ma anche il rispetto di essa, la capacità di adeguarsi ai suoi ritmi ed ai suoi cicli traendone il meglio per vincere la fame. Nella civiltà contadina il pane rappresentava una sicurezza, con tutta quella serie di riti ancestrali volti ad esorcizzare i timori di una vita fatta di precarietà.

Il pane aveva un’importanza fondamentale nel consumo comunitario del pasto: basti pensare all’importanza del gesto iconico di spezzare il pane per offrirlo agli altri, con le suggestioni religiose che ciò risveglia nella nostra mente. Poteva trasformarsi da cibo quotidiano in offerta votiva, dono o talismano. Veniva usato come merce di scambio, e con le sue diverse tipologie era anche un’ostentazione di appartenenza ad un determinato ceto sociale.

Il pane era, ed è, strettamente legato alla religione, tanto che ancora oggi in molti luoghi vi è l’usanza di non gettarlo mai via, retaggio della concezione sacrale di questo alimento.
Gli ingredienti di ciascuna tipologia di pane si distinguono da luogo a luogo, da stagione a stagione. I popoli si identificano con il proprio pane, ed anche la letteratura ci fornisce un celebre esempio: Dante Alighieri che, riferendosi ai suoi giorni trascorsi in esilio, scrive “come sa di sale il pane altrui” sancendo con queste parole la nostalgia per la Toscana ed il suo pane privo di sale.

L’uomo instaura legami profondi con il proprio cibo. Non ci nutriamo semplicemente per saziare la fame, anzi: come ci insegnano gli antropologi, ciò che è primariamente biologico – nascere, riprodursi, nutrirsi, morire – è ciò che è maggiormente imbevuto di cultura, e quindi di norme, valori, tabù, riti.
Quante suggestioni e quale retaggio si celano dietro un gesto semplice e quotidiano come quello di affettare una pagnotta!